Care lettrici e cari lettori, nell’editoriale di questo mese, abbiamo il piacere di ospitare un’intervista al Segretario Generale della CGIL, Maurizio Landini. Stiamo vivendo una fase particolarmente difficile, non solo per le mancate risposte alle fondamentali esigenze di lavoratori e pensionati, che ancora una volta subiscono il peggioramento delle loro condizioni di vita, ma anche per le scelte scellerate che ha fatto questo Governo relativamente agli assetti istituzionali (autonomia differenziata e premierato) che rischiano di impedire qualsiasi processo di crescita e di sviluppo, condannando i cittadini, ovunque risiedano, alle discriminazioni e all’isolamento.
Caro Segretario, si sta consolidando la discussione in Parlamento sulla legge di bilancio 2025. Ancora una volta, le fondamentali richieste della CGIL sono state ignorate: il Governo taglia, in modo pesante, le spese per lo stato sociale, e non vengono previste misure che consentano a chi lavora e a chi è in pensione di aumentare il proprio potere d’acquisto. Insomma, la forbice delle discriminazioni si allarga ulteriormente. Come si sta preparando la CGIL ad affrontare questa battaglia per rivendicare equità e giustizia sociale nel nostro Paese?
Maurizio Landini: La CGIL è pronta a mettere in atto tutte le iniziative necessarie per sostenere le sue rivendicazioni in vista della legge di bilancio che dovrà essere approvata entro la fine dell’anno. Le scelte, infatti, che il governo si appresta a compiere vanno nella direzione sbagliata, producono un aumento dei divari e delle disuguaglianze, non danno risposte alle tante emergenze sociali ed economiche presenti nel Paese. Inoltre, la narrazione quotidiana del governo sulla crescita dell’economia e dell’occupazione è smentita dalla dura realtà. I dati di Eurostat, infatti, certificano che l’economia italiana è in affanno, il reddito disponibile delle famiglie è calato, i salari ristagnano, si diffondono precarietà e insicurezza del lavoro con i part-time involontari, i contratti a termine, la lunga catena degli appalti e dei subappalti. Bisognerebbe smetterla con la retorica e i proclami di autocompiacimento e compiere scelte in grado di prospettare un futuro diverso per il Paese.
Niente di tutto ciò. Non trova alcuna risposta l’emergenza salariale; continua il definanziamento della sanità e della scuola pubblica; le risorse stanziate per il rinnovo del contratto del lavoro pubblico sono del tutto insufficienti; non si stanzia nulla per attuare le leggi sulla non autosufficienza e la disabilità; si torna a fare cassa sulle pensioni limitandone la perequazione e cancellando, di fatto, opzione donna e “ape sociale”, che erano già insufficienti; non si interviene per evitare la terribile strage sul lavoro a cui assistiamo quotidianamente; si conferma l’assenza di qualsiasi politica industriale in grado di risolvere le tante crisi aziendali aperte e di affrontare le sfide epocali della transizione digitale e della riconversione ecologica garantendo sviluppo, lavoro di qualità, innovazione; anziché alleviare il carico fiscale su lavoratori dipendenti e pensionati si riduce ulteriormente la progressività e, con il concordato preventivo, si incentiva l’evasione fiscale. Sono tutte scelte che comprimono lo sviluppo, la domanda interna, gli investimenti.
Noi invece riteniamo che una diversa politica economica – fondata sulla leva redistributiva del fisco e sugli investimenti – sia non solo possibile ma necessaria. Bisogna prendere le risorse dove sono: extraprofitti in tutti i settori, lotta all’evasione fiscale, allargamento della base imponibile IRPEF, grandi patrimoni, rendite finanziarie e immobiliari, redditi elevati. Qui vanno prese risorse per finanziare nuove politiche di sviluppo, welfare pubblico e universalistico, lavoro, formazione permanente. Non ci battiamo solo contro le scelte del governo ma anche per affermare un diverso modello sociale e di sviluppo che rimetta al centro la libertà e la realizzazione delle persone che lavorano.
Abbiamo raccolto quattro milioni di firme a sostegno dei nostri quattro quesiti referendari contro la precarietà, per la dignità e la sicurezza del lavoro.
Un risultato straordinario. Insieme a un amplissimo arco di organizzazioni politiche, sociali, associative e della società civile siamo impegnati, con un grande riscontro tra le persone, nella raccolta di firme per il referendum contro l’autonomia differenziata. Dovremo portare al voto 25 milioni di persone per chiedere cinque SI per difendere la Costituzione, rivendicarne l’attuazione, cambiare il modello sociale e di sviluppo. E questo dipenderà da ciò che faremo nei prossimi mesi per tutelare il potere di acquisto di salari e pensioni, dalle mobilitazioni sulla legge di bilancio, dalla battaglia per la sanità e la scuola pubblica.
Intervistatore: Per costruire questo percorso dobbiamo parlare con le persone, stare nei luoghi di lavoro e nel territorio, avere il coraggio delle nostre azioni e della nostra forza, dare voce e speranza a tutte e tutti coloro che si battono per un futuro diverso. La scelta di costruire, insieme a tanti soggetti e associazioni della società civile, la Via Maestra si è rivelata strategicamente importante, soprattutto per dare supporto e sostegno ai principi fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione. Tante sono state le parole d’ordine condivise, dal cessate il fuoco subito, alla difesa della Costituzione: è possibile creare le condizioni perché, anche sulle scelte di politica economica e sociale, si organizzi e si rafforzi un fronte largo e coeso che contesti le scelte inique e discriminatorie del Governo?
Maurizio Landini: Dobbiamo avere la consapevolezza che non siamo in una fase di normale amministrazione. Siamo di fronte ad un governo che ha una maggioranza in Parlamento ma, se si guarda attentamente ai numeri, le forze politiche che la compongono non sono la maggioranza del Paese. Eppure, anziché governare, pretendono di comandare. Utilizzano le risorse disponibili non per lo sviluppo del Paese né per contrastare le disuguaglianze crescenti, ma per perseguire una politica economica rivolta solo ad ottenere il consenso delle categorie che lo sostengono. Rifiutano un confronto vero con il sindacato negandone la natura confederale. Anziché attuarla, vogliono stravolgere la Costituzione.
Con il premierato, infatti, si mortifica la partecipazione democratica e si minano le basi della nostra democrazia parlamentare nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro.
Con l’autonomia differenziata si mettono in discussione i diritti costituzionali alla salute e all’istruzione, i contratti collettivi nazionali, le politiche industriali e di sviluppo su tutto il territorio nazionale.
Tutto questo va impedito e c’è bisogno di imprimere una svolta negli indirizzi politici e sociali del Paese. Ci sono scelte impegnative da compiere subito: aumentare i salari attraverso i rinnovi dei contratti nazionali pubblici e privati e tutelare pienamente il potere d’acquisto delle pensioni, riconoscere, anche attraverso il sostegno legislativo, il valore generale dei contratti, la misurazione della rappresentanza, un salario minimo orario sotto il quale nessun contratto può scendere; contrastare la precarietà e le storture del sistema degli appalti dopo la reintroduzione degli appalti a cascata; diritto allo studio e alla formazione permanente; impegni concreti sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro; welfare pubblico e universalistico; politiche industriali che garantiscano lavoro di qualità, innovazione, sostenibilità ambientale e sociale.
È su questi grandi temi che devono misurarsi le stesse forze politiche democratiche e progressiste se vogliono davvero superare la frattura sociale che si è consumata nel corso degli anni e ricostruire quella rappresentanza e partecipazione senza la quale svilisce la stessa democrazia. Sono le scelte necessarie per affermare un’idea alternativa di società e di Paese fondata sui principi e sui valori della nostra Costituzione.